programma

dal 5 Settembre al 3 Ottobre 2009

raw materials and residuals

personale di mauro sambo

Da una parte l’acqua, dall’altra il jazz. Nel mezzo, sculture, video e fotografie tracciano un percorso tutto personale nella memoria.
Artista poliedrico e musicista, Mauro Sambo attinge a molteplici linguaggi artistici ed esperienze individuali, esplorando le possibilità di un’intima fusione tra arte e vita. L’arte per Sambo è il naturale prolungamento dell’esistenza, una ribellione all’oblio, in cui l’aspetto estetico è sempre subordinato a quello concettuale e i temi affrontati sono legati dalle stesse profonde necessità. Elemento centrale del suo lavoro, la memoria, filtra il passato attraverso i desideri, le illusioni e le inquietudini del presente, intrecciando virtualmente il destino comune di uomini e luoghi. La memoria parla attraverso dettagli, emozioni di una vita vissuta o ricostruita, ma anche attraverso ciò che rimane, residuo della storia, dell’antica fatica o dei fasti perduti.
Sambo ama scomporre la linea del tempo e procedere per sovrapposizioni e dissonanze, controlla e manipola il tempo, complice e antagonista, proprio come fa con le immagini, nel tentativo di fermarne o almeno rallentarne l’inesorabile scorrere e ciò che esso trascina con sé: l’allontanamento,  l’invecchiamento e l’oblio.
La fotografia, emanazione del reale passato (come direbbe Roland Barthes), diviene un mezzo per creare nuove atmosfere e ricontestualizzare il ricordo, non documentazione quindi, ma espressione dell’idea, dello stato d’animo, regìa di visioni interiori che hanno la sacralità di un rituale di purificazione.
Nella serie My father, my job, my life (2000), omaggio al padre scomparso nel 74, l’artista sceglie e rielabora vecchie immagini. Lo spazio fatiscente delle Artiglierie dell’Arsenale diventa il contesto per ricostruire la memoria del padre da giovane, poco tempo prima che fosse fatto prigioniero dagli inglesi, e allo stesso tempo consacrare la memoria del luogo, cogliendone il volto nel momento del suo mutare: stati di transito sovrapposti da un legame  d’affetto e di identificazione che l’artista sancisce e sublima in installazioni fittizie.
La quotidianità del padre, rivissuta e scandita dagli stessi gesti, luoghi e percorsi, da ritmi e riti remoti dettati dall’acqua, è anche il soggetto di un video con lo stesso titolo, in cui  l’immedesimazione assume un andamento inquietante e quasi ipnotico, suggerendo un senso di lotta per la sopravvivenza e contemporaneamente un bisogno di rifugio nelle proprie certezze.
Legati agli affetti e ai luoghi familiari sono anche i recenti video Giudecca 347, The Long Hello e Settembre 2008, in cui il dolore per la perdita della madre si trasforma in un lentissimo allontanamento sia fisico che mentale o in semplici e quotidiani gesti catartici.
Raw materials and residuals (2003), l’altra serie fotografica presentata in mostra, riprende il titolo di un album del sassofonista Julius Hemphill e fa parte di un ciclo più ampio dedicato alla montagna. L’intero ciclo nasce dal casuale ritrovamento di alcuni vetrini stereoscopici di inizio Novecento con immagini del Monte Bianco, poi rielaborati in alcuni casi falsandone la memoria, in altri mantenendone solo la cornice.
Stavolta è l’immagine della montagna che si inserisce negli spazi abbandonati e meravigliosi dell’Arsenale veneziano. In questa insolita ma confortevole collocazione essa sembra coinvolta in un processo di progressiva scomparsa, inghiottita dalle macerie della storia, dal fascino di un decadimento fiero e dignitoso. La montagna, simbolo di una vagheggiata purezza, di incontaminazione e apparente immobilità, si sovrappone e contrappone a una cultura dello scarto, del rifiuto, del frammento, al residuo di un invitabile cambiamento, all’infinito ciclo tipicamente occidentale del consumo e del rinnovamento di cose e idee.
Se nelle performance musicali la bellezza è affidata all’improvvisazione, negli altri lavori tutto sembra calibrato e misurato. Nelle sculture in ferro l’artista lavora sul materiale nel tentativo di impedirne il naturale processo di ossidazione, nei video rallenta il ritmo della ripresa fino a renderne impercettibile il movimento, nella fotografia procede per interventi minimi e minime oscillazioni di significato.
La poetica di Sambo ha un ritmo lento, si svela a poco a poco attraverso una costante dialettica tra un polo descrittivo/narrativo e uno spirituale/mistico, giocando con rimandi musicali e citazioni letterarie, ritorni e suggestioni in perfetto equilibrio tra progettualità, istinto e casualità. 
Se la memoria presuppone una distanza, la distanza un viaggio e il viaggio una ricerca, è evidente che quello compiuto da Mauro Sambo è un percorso alla scoperta della propria identità, delle proprie origini e delle ragioni del proprio essere. La dimensione privata si apre a una prospettiva universale, in cui anche i moti più intimi diventano espressione di sommi valori dell’animo.
Senza soluzione di continuità elementi spaziali e temporali distanti si intrecciano per tessere un nuovo livello semantico e se per noi il risultato è straniante, per l’artista è un senso confortante di sollievo.

Laura Spolaore
in "Juliet Photo Magazine – Triestèfotografia", 2009

MAURO SAMBO
Raw materials and residuals
Trieste, Studio Tommaseo, via del Monte 2/1
5 settembre > 3 ottobre 2009

inaugurazione sabato 5 settembre alle 19
finissage sabato 3 ottobre alle 18.30

curatore: Laura Spolaore
organizzatori: Studio Tommaseo e Trieste Contemporanea, per il festival triestèfotografia organizzato dall’Associazione Culturale Juliet
nell’ambito di: quinta edizione della Giornata del Contemporaneo promossa sabato 3 ottobre 2009 dall’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani (AMACI) e sostenuta dalla Direzione Generale per la qualità e la Tutela del Paesaggio, l’Architettura e l’Arte Contemporanee del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali
con il contributo di: Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
con l’adesione di: Casa dell’Arte di Trieste
orario: dal lunedì al sabato 17-20 – ingresso libero