Trieste Contemporanea dicembre 2002 n.10/11
 
I risultati del First CEI Venice Forum
Verso un network permanente

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di Enrico Tantucci

Creare una “rete” internazionale di curatori e istituzioni culturali private dei paesi dell’Est e dell’Europa Occidentale, per favorire progetti comuni nel campo dell’arte contemporanea, rafforzando una cooperazione oggi ancora molto debole, anche per la mancanza di finanziamenti pubblici nel campo della cultura. È stato questo il tema dominante del secondo Forum dedicato al sistema dell’arte nell’Europa orientale, organizzato a Venezia da Trieste Contemporanea, nella sede dell’Accademia di Belle Arti, nei giorni dell’inaugurazione della Biennale Arti Visive, con la partecipazione di critici, curatori, artisti provenienti da numerose nazioni, sviluppando così i temi già emersi nella edizione 2001 del meeting, che vuole favorire, anche attraverso l’elemento unificante della ricerca artistica, l’integrazione europea già in corso. A rendere più urgente e in qualche modo essenziale la creazione di un network, il venire meno o l’affievolirsi delle Fondazioni Soros - come è stato da più parti sottolineato nei due giorni di dibattito - che, soprattutto negli anni Novanta, hanno contribuito a finanziare e sostenere la cultura, grazie alle istituzioni create dal miliardario ungherese, quando, dopo la caduta del muro di Berlino, è mancata in molti paesi dell’Europa Orientale ogni forma di sostegno statale alla creatività artistica. Dopo il saluto del direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Riccardo Rabagliati e l’intervento introduttivo dell’ambasciatore Harald Kreid, direttore generale del segretariato esecutivo dell’Ince/Cei (Iniziativa Centro Europea) - che ha ricordato il ruolo del Cei, fondato a Trieste quattordici anni fa come prima organizzazione istituzionale che lavora alla cooperazione culturale e scientifica tra i paesi dell’Europa Orientale - è stata Giuliana Carbi, presidente di Trieste Contemporanea, a introdurre il tema del nuovo Forum. L’obiettivo è creare per il 2005 una mostra e un progetto curatoriale condiviso da più paesi dell’Est, attraverso lo sviluppo di un network permanente di relazioni e contatti. Ne è un primo esempio, illustrato a Venezia da Jerzy Onuch, direttore del Centro per le Arti Contemporanee di Kiev, il network internazionale i_Can (International Contemporary Art Network Association), nato a Budapest proprio come conseguenza dell’interruzione dei finanziamenti di Soros al suo Centro per l’Arte Contemporanea situato nella capitale ungherese e che, registrato ad Amsterdam, è divenuto un sito Internet che favorisce lo scambio di esperienze e contributi in campo artistico tra i vari paesi dell’Europa orientale - anche quelli più penalizzati come Moldavia, Ucraina, Russia o Kazakistan, per le difficili condizioni economiche - ma anche la conoscenza di nuovi artisti, con l’iniziativa Art work of the mouth, che possono così presentare i loro lavori in rete.
Su questa base si è sviluppato il dibattito con i vari interventi. Júlia Fabényi, direttrice del Mu”csarnok di Budapest, ha sottolineato l’importanza della cooperazione, ricordando come in Ungheria sia in preparazione per il 2005 la mostra-evento Soap Opera, che insisterà su diversi spazi e invitando alla partecipazione ad essa artisti di ogni età interessati al tema della riflessione critica sulla televisione e sulla vita quotidiana. Da lei anche l’invito a curatori stranieri a visionare la scena artistica ungherese. Sempre riguardo alla situazione ungherese, Katalin Néray, direttrice del Ludwig Museum of Contemporary Art di Budapest, ha ricordato l’esodo di molti artisti magiari verso gli Stati Uniti o l’Europa Occidentale, perché proiettati verso questa nuova mentalità, rinunciando in parte alle proprie radici. Lilia Dragneva, direttrice del K:SAK di Chisinau, si è soffermata sui problemi enormi creati a Chisinau, in Moldavia, dal venir meno dei contributi della Fondazione Soros, con una struttura artistica oggi funzionante solo in chiave volontaristica. Da parte sua, Inna Reut, curatrice indipendente di Minsk, ha dipinto, per la Bielorussia, una situazione non dissimile, ricordando come a Minsk la prima galleria d’arte contemporanea sia stata inaugurata solo nel 1991 e come le mostre “importate” debbano sempre superare il vaglio del Ministero della Cultura, che distribuisce le poche sovvenzioni disponibili. Di qui, come conseguenza, il rifugiarsi di molti artisti bielorussi in una dimensione quasi decorativa, per sfuggire a una realtà difficile. Beral Madra, direttrice del BM Contemporary ArtCenter di Istanbul, da parte sua, ha evidenziato l’esigenza di ricercare sponsor alternativi a Soros per il sostegno di una cooperazione artistica internazionale, insistendo anche su un ruolo più attivo da parte degli artisti alla partecipazione di un network internazionale. Anda Rottenberg dell’Adam Mickiewicz Institute di Varsavia, da parte sua, ritiene che l’arte contemporanea dei paesi dell’Europa centro-orientale sia tuttora sconosciuta ai più, compresi i paesi europei, più attenti alle suggestioni provenienti da oltreoceano e dall’area asiatica. L’invito è, pertanto, a un forte senso di realismo nella ricerca e nel reperimento dei finanziamenti, sottolineando il ruolo di manifestazioni come Europe Europe, organizzata a Cracovia con lo scopo ambizioso di riscrivere la storia europea, o Continental Breakfast, prevista per il 2005, per rappresentare in quell’occasione le diverse sfaccettature delle realtà artistiche e sociali dei vari paesi. Se Sirje Helme direttrice del Centro per l’Arte Contemporanea di Tallinn, rivendica la libertà e l’autonomia dei curatori nella proposta artistica, la ricercatrice canadese Collen Ovenden replica che non si può davvero pensare all’arte e alle sue proposte al di fuori delle istituzioni e anche la formula della Biennale Arti Visive veneziana lo dimostra. Janka Vukmir ha delineato la situazione artistica e culturale in Croazia, partendo dall’esperienza dell’Istituto d’Arte Contemporanea di Zagabria che dirige e che, prima parte delle fondazioni Soros, è poi divenuto indipendente, anche se per i finanziamenti può contare solo su contributi statali. L’unica risorsa privata è Face Croazia (Fondo per le Arti e lo Scambio Culturale), che opera, però, dagli Stati Uniti. L’obiettivo è perciò quello di cercare di coinvolgere nuovi soggetti privati nella promozione di eventi artistici, che oggi, per la loro organizzazione, risentono troppo dei mutamenti politici del paese. Ryszard Z_ól´taniecki dell’Adam Mickiewicz Institute di Varsavia, per ciò che riguarda la situazione polacca, ha ricordato che per procurarsi fondi privati, bisogna comportarsi come l’istituto che dirige, che non si rivolge al Governo, ma a sponsor privati e grandi personalità da coinvolgere in progetti che riguardano anche paesi vicini. Secondo lui, l’arte non può essere usata come strumento per raggiungere altri obiettivi e per questo la cooperazione artistica internazionale non deve essere affidata a istituzioni statali, per non perdere la sua specificità. Nella conclusione dell’incontro veneziano sono stati sottolineati tre punti, da affidare al Segretariato dell’Ince perché ne curi la diffusione nei vari paesi: l’idea dell’arte come momento di integrazione e di sviluppo tra popoli e società, la necessità di un maggiore impegno dei governi in questo settore e l’impegno dei curatori dei vari paesi a una collaborazione sempre più stretta a livello internazionale.
 
 

 

 
 
 
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