Trieste Contemporanea novembre 2001 n.8
 
Risorse e direzioni della promozione culturale
Le questioni in gioco

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di Giuliana Carbi

COM’E’ CAMBIATO IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE, STATALI E PRIVATE IN TERMINI D SOSTEGNO FINANZIARIO?

I GRANDI EVENTI INTERNAZIONALI VENGONO FINANZIATI DALLO STATO, DA ENTI PRIVATI O DA ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI?

Ruxandra Balaci: In generale, il nostro Ministero della Cultura è un apparato abbastanza conservatore e molto insicuro per quanto concerne l’arte contemporanea: desidera avere visibilità internazionale ma manca dell’esperienza e della flessibilità necessarie per promuovere nuove tecniche, nuovi artisti e nuove iniziative; è disposto a investire danaro nei progetti ma deve essere costantemente rassicurato della qualità, il livello e la rilevanza di ciò che ha finanziato. Io lavoro anche al Museo Nazionale di Bucarest che ospita un piccolo Dipartimento di Arte Contemporanea che ho fondato alcuni anni fa. Il personale è molto giovane e abbiamo gli agganci e le strutture per proporre progetti e promuovere artisti. Tuttavia non siamo considerati come parte integrante del museo ma piuttosto tollerati come una specie di struttura aliena che parassita il museo. Nel prossimo futuro ci proponiamo di costituire il primo nucleo del Museo di Art Contemporanea. Il sostegno finanziario per le nostre attività si basa principalmente su contatti personali, tramite fondazioni private quali la Fondazione Soros, la Pro Helvetia, l’Artexpo-Bucharest. Le organizzazioni internazionali non sono interessate a investire nell’arte contemporanea rumena (dal momento che la Romania non riveste interesse nel quadro delle politiche internazionali) e non vi sono artisti rumeni che vengano promossi in maniera continuativa né dalle riviste d’arte internazionali né dal mercato internazionale.

Helena Demakova: Nel caso della Lettonia i finanziamenti di maggior rilievo provengono dallo stato, dalle amministrazioni cittadine o da sponsor privati. In altre parole ci sono svariate possibilità per ottenere danaro e se il lavoro è buono riuscirà ad avere il sostegno di una di questi fonti.

Sirje Helme: Devo dire di essere abbastanza scettica riguardo la questione della sponsorizzazione privata in Estonia perché al momento l’arte non è una priorità per questo tipo di sponsor. Ci sono due grosse fondazioni in Estonia alle quali ci si può rivolgere per finanziamenti e dalle quali noi abbiamo ottenuto supporto finanziario, ma cerco anche di mantenere buoni contatti con il Ministero della Cultura. La priorità dal Ministero è di spingere l’Estonia sulla scena artistica internazionale (questo almeno secondo il loro sito web) il che significa che sostengono finanziariamente alcuni eventi internazionali (come la Biennale di Venezia, Manifesta). I nostri rapporti con le istituzioni governative sono distesi ma non sarà necessariamente così in eterno: nuove elezioni, nuovi partiti, nuove persone, nuove priorità….

Beral Madra: La partecipazione alla Biennale di Venezia offre un ottimo esempio della nostra situazione essendo abbastanza atipica poiché la Turchia non ha ufficialmente presentato domanda di partecipazione alla Biennale. Il collega e amico Vittorio Urbani, direttore della Galleria Nuova Icona, ha deciso di rappresentare il Padiglione Turco e mi ha invitato a curarne la mostra. In sostanza la partecipazione turca è il frutto di comunicazione interna alla scena dell’arte contemporanea, priva di sostegno e finanziamento ufficiale e basata esclusivamente su rapporti di amicizia nonché su finanziamenti privati. Analogamente, la Settima Biennale di Istanbul, che si tiene nel settembre-ottobre 2001, è finanziata quasi esclusivamente con fondi privati. Queste e molte altre iniziative stanno a testimoniare che in Turchia l’arte contemporanea può esistere solamente grazie a sponsor privati. Lo stato mantiene tre musei di arte moderna locale tuttavia tutto ciò che avviene nell’ambito dell’arte contemporanea avviene nella sfera del privato. Gli artisti devono quindi rendersi conto che è necessario intrattenere buone relazioni e collaborare con il settore privato turco e questo vale anche per i curatori.... D’altra parte ci si potrebbe chiedere se ci si possa fidare della sponsorizzazione privata o pubblica, poiché in entrambi i casi chi accorda finanziamenti vuole controllare, manipolare e modellare l’arte in modo che proietti un certo tipo di immagine. Perciò un curatore deve mantenere un posizione ferma nei confronti sia degli sponsor privati che di quelli pubblici. Quando si propone di rappresentare gli interessi degli artisti e di garantirne la libertà, il critico deve opporsi fermamente tanto alla pressione dell’ideologia di stato quanto al quella degli interessi capitalistici.

CREDE CHE L’UNIFORMAZIONE DEL PUBBLICO DELL’ARTE CONTEMPORANEA POSSA PORTARE ALLA PERDITA DI SPECIFICHE IDENTITA’ CULTURALI E METTERE A REPENTAGLIO LE PARTICOLARITA’ DI PICCOLI GRUPPI O DI PUBBLICI SPECIALIZZATI?

QUANTO CONTA E COME VIENE ATTUATA LA SALVAGUARDIA DELL’IDENTITA’ NAZIONALE NEL CONTESTO DELLA PROGRESSIVA INTERNAZIONALIZZAZIONE DEI CONTENUTI CULTURALI?


Ruxandra Balaci: Credo che le mutazioni che si sono verificate nel campo dell’arte contemporanea siano molto difficili da definire, anche per i teorici dell’arte. Ora che ci troviamo a varcare la soglia del ventunesimo secolo l’arte, come pure molti altri campi del sapere umano come la genetica o la cibernetica, diventa una questione sempre più complessa. Il pubblico è quasi sempre un pubblico specializzato, un pubblico generazionale. Credo che si possa solamente cercare di operare all’interno del proprio sistema di riferimenti. D’altro canto mi sembra che la questione del rapporto fra globalizzazione e identità culturale sia diventato un po’ un luogo comune mentre a mio avviso l’uno non esclude drasticamente l’altro poiché penso continuino a coesistere. Dal canto nostro possiamo solo essere testimoni di questo cambiamento…

Helena Demakova: All’inizio degli anni 90 ci sembrava molto strano che l’occidente volesse a tutti i costi trovare qualche cosa di specificamente etnico nella nostra regione. Ricordo che a Oslo ci dicevano “la vostra arte è così internazionale, dov’è il materiale locale?”. E come se venissi in Italia e vi chiedessi "dov’è la vostra arte nazionale? Perché siete così internazionali?" Vorrei ricordarvi che è una scelta dell’artista quella di usare un linguaggio locale o di usarne uno internazionale magari inserendo riferimenti locali o regionali. L’arte non dovrebbe avere il compito di salvaguardare l’identità culturale, questo compito spetta ai politici, alle politiche culturali e non agli artisti. Questo si ricollega alla questione pubblico. Il fatto è che non esiste un pubblico universale: il problema dell’uniformazione non è reale, fintanto che continueranno ad esserci artisti che non sono soddisfatti col seguire una sola strada vuol dire che c’è un settore del pubblico che non desidera uniformarsi. Per esempio a Riga, ma questa non è una peculiarità di Riga e avviene in molte altre capitali, esiste una sub-cultura dei club legata ai VJ che produce pezzi molto interessanti mixando suoni con risultati straordinari. Ci sono moltissime sub-culture di questo tipo che creano prodotti molto innovativi. In alcune non mi posso identificare, ma esistono e prosperano con altri tipi di pubblico.

Sirje Helme: Il mondo è più aperto per noi adesso, viaggiamo molto e abbiamo la possibilità di vedere come funziona il mondo dell’arte. L’arte estone ha una lunga tradizione di “invasioni di alieni” perciò abbiamo molta familiarita' familiari con il concetto di ibridazione nell’arte. D’altra parte l’elemento “locale” è sempre stato parte integrante dei nostri migliori prodotti artistici: la nostra percezione dello spazio, della solitudine, oppure il senso del colore e della luce sono diversi ad esempio da quelli dei paesi del sud. Quando gli artisti perdono le loro radici possono perdere in originalità entrando a far parte di un contesto internazionale di ottimo livello ma spesso anche molto noioso.

Beral Madra: Non credo che il problema della salvaguardia dell’identità culturale possa essere un obbligo per gli artisti. Nel momento in cui lo “stato nazionale” necessita di nuova definizione, l’idea di presentare l’identità di una nazione non può che risultare abbastanza paradossale. Questo, tuttavia, è ciò che le cosiddette nazioni moderne e le loro politiche culturali hanno preteso e spesso ancora pretendono. Il problema può invece essere un argomento di ricerca per un curatore e posso portare come esempio una mostra che ho curato, intitolata “Mediterranean Metaphores” (Metafore Mediterranee), nella quale ho voluto guardare alle città del Mediterraneo poiché sono convinta che il concetto di identità di una città sia oggi più significativo di quello d’identità di una nazione. Il Cairo, Gerusalemme, Beirut, Istanbul, come pure altre piccole città del Medio-Oriente, per esempio, presentano identità di gran lunga più distintive delle nazioni alle quali appartengono. Si tratta allora di dare al pubblico l’opportunità di riconoscere le identità di queste città attraverso gli occhi dell’artista o la sua produzione. Il concetto di identità culturale può quindi essere il tema di una mostra ma le politiche culturali non devono interferire con la creatività dell’artista. Le politiche culturali nazionali devono essere implementate in modo da sostenere l’arte nella creazione e rappresentazione di qualcosa di più ampio del concetto di nazione.

COME GIUDICA IL RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA NELLA PROMOZIONE E IL FINANZIAMENTO DI PROGETTI DI COOPERAZIONE NEL CAMPO DELL’ARTE E DELLA CULTURA CON I PAESI DELL’EUROPA ORIENTALE?

Ruxandra Balaci: Riguardo alla relazione tra la Romania e i fondi UE per la cultura posso dire che l’anno scorso abbiamo ottenuto un finanziamento speciale dall’UE, nell' ambito di un programma chiamato Euro Art per un progetto culturale. L’Unione ha lavorato con il Ministero della Cultura rumeno, che è solitamente abbastanza rigido e burocratizzato, utilizzando però consiglieri ed esperti da fuori cosicché il progetto è risultato un vero successo. In questi ultimi due anni abbiamo quindi avuto l’opportunità di promuovere la cultura e dato che il budget del Ministero è sotto regime di austerità il programma è stato di grande aiuto (devo tuttavia ammettere che c’è stata una notevole discriminazione fra il salario pagato agli esperti rumeni e quello versato agli esperti europei!!) Considerando che il governo rumeno sta attraversando una fase abbastanza difficile per quanto riguarda l’integrazione e il pre-accesso all’Unione Europa mi domando perché non punti di più sulla cultura per l’integrazione. In questo campo abbiamo moltissime proposte interessanti da offrire, più che in altri campi credo e sicuramente più interessanti di quanto “l’altra Europa” si aspetti.

Sirje Helme: L’Estonia si sta impegnando per essere tra i primi cinque paesi ad entrare nell’Unione Europea. Questa è una priorità nelle nostre politiche estere e sta alla base dei molti progetti di cooperazione in atto in vari settori. Allo stesso tempo nessuna menzione viene fatta a questioni riguardanti l’arte, le istituzioni d’arte, gli standard e i requisiti. L’Europa è Europa perché ha una comune percezione della cultura eppure questo non si trova scritto nei documenti dell’UE. Uno dei problemi principali della nostra situazione culturale attuale è che non abbiamo nessun museo d’arte contemporanea che operi secondo standard europei. Si discute molto sulla opportunità di costruire un nuovo museo d’arte ma è difficile spiegare alle autorità perché un museo sia una componente fondamentale della normale vita culturale di un paese. La percezione comune dell’arte contemporanea non è di livello molto elevato e non credo che il sostegno dell’UE riuscirà a modificare questa situazione. I progetti UE sono diretti primariamente a finanziare iniziative di grande portata che coinvolgono partecipanti da diversi paesi europei e necessitano di tempi burocratici molto lunghi. Personalmente preferisco lavorare su varianti più piccole e flessibili come il programma ECF “APEXchanges”, un programma che purtroppo è ora in via di chisura.

Beral Madra: Non posso esprimermi in merito alla posizione della Turchia rispetto ai finanziamenti europei dal momento che, per quanto ne so, vengono erogati per progetti a scopo sociale piuttosto che per l’arte. Tuttavia guardo con attenzione a ciò sta succedendo in Europa riguardo le recenti trasformazioni nel sistema dell’arte nei paesi dell’ex Unione Sovietica e dei Balcani. Mi sembra che l’Unione Europea stia facendo ogni possibile sforzo per svolgere la sua funzione di salvaguardia delle diversità culturali cercando allo stesso tempo di promuovere l’eguaglianza nei sistemi di comunicazione e scambio. Ma vi è a mio avviso un grande problema in questa sua funzione poiché gli obiettivi e contenuti delle politiche dell’Unione Europea per riformare i sistemi dell’arte sono completamente diversi da quelli dei sistemi culturali convenzionali. Per esempio il sistema internazionale dell’arte convenzionale è strettamente legato a, e collabora con, le imprese private internazionali. Si tratta di una rete composta da artisti, gallerie, media, curatori, collezionisti, istituti privati e statali e in quanto tale costituisce un’entità impenetrabile che ha le proprie regole e ragioni e non accetta di essere manipolata da altri poteri. Ha un proprio potere che è condiviso da tutti gli attori partecipanti a questo sistema. Un secondo sistema è costituito dalle istituzioni ufficiali, i musei, le università e le politiche statali. Gli interessi di questo sistema si fondano sulle ideologie nazionali e anch’esso è un’entità che non ammette interferenze. Altro ancora sono le dinamiche interne dell’arte. Gli artisti sono indipendenti, liberi e desiderano fare ciò che vogliono occupando una posizione di non-allineamento che crea un’ulteriore entità impenetrabile. Osservando questo panorama ci si accorge che i programma di cooperazione dell’Unione Europea devono misurarsi con queste tre entità e cercare un modo per aprire un dialogo fra queste diverse roccaforti. Un compito che pare molto arduo. D’altra parte non bisogna dimenticare che all’interno di questo triplice sistema coesistono livelli di sviluppo del panorama artistico anche molto diversi: vi sono panorami artistici molto sottosviluppati, altri in via di sviluppo e altri ancora pienamente evoluti. Il problema è come verranno gestite tutte queste differenze.

 
Ruxandra Balaci
Commissario per la Romania - direttore del Dipartimento di Arte Contemporanea del Museo Nazionale di Bucarest, co-direttore della rivista Artelier e direttore scientifico di www.romanian-art.com

Helena Demakova
Commissario per la Lettonia - curatore e critico indipendente e membro del parlamento.

Paul Hartig
Ambasciatore, direttore del segretariato esecutivo dell' INCE (Iniziativa Centro-Europea)

Sirje Helme
Commissario per l'Estonia - direttore del Centro per l'Arte Contemporanea di Tallinn, Estonia

Beral Madra
Commissario per la Turchia - curatore e critico d’arte indipendente
 

 

 
 
 
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