Trieste Contemporanea dicembre 2002 n.10/11
 
Dall’appello di Radio Mosca
 all’eliminazione fisica dei suoi aderenti
JAFK, il Comitato Antifascista Ebraico

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di Daniela M. Kromer

Nell’aprile del 1941 un gruppo di scrittori e intellettuali yiddish sovietici si rivolse al Sovinformburo (Ufficio per l’informazione) con la richiesta di ripristinare in Unione Sovietica l’informazione in lingua yiddish e in particolare la riapertura del quotidiano Der Emes [La verità] bandito nel 1938, perché fosse possibile diffondere informazioni e propaganda tra gli ebrei evacuati. Ad una prima risposta negativa seguì, dopo un secondo appello nel settembre dello stesso anno, l’approvazione sovietica che vide nell’impegno antifascista ebraico un utile strumento di propaganda e di finanziamenti. Gli organizzatori - Bergelson, Michoels, Kwitko, Halkin, Markish e Nusinov - avevano dato vita, il 24 agosto, ad una gigantesca manifestazione pubblica nel più grande parco di Mosca. Scopo primario della dimostrazione, permessa dall’autorità sovietica, era quello di informare gli ebrei, soprattutto gli ebrei americani ed inglesi e mobilitarli alla solidarietà con le popolazioni ebraiche nell’unione Sovietica. Presero parte alla manifestazione i personaggi più noti della cultura yiddish, della nomenclatura sovietica, dell’economia, della scienza e anche delle forze armate. Tra gli altri, lo scrittore Ilja Ehrenburg, Dovid Bergelson, Peretz Markish, il violinista David Oistrach, il regista Sergej Eisenstein e numerosi altri noti personaggi. L’appello dell’intellighenzia ebraica comiciò con le parole di Solomon Michoels rivolte a ebrei inglesi e americani perché sostenessero l’intervento americano contro il nazismo.
Ad esso seguì un’esteso intervento di Dovid Bergelson che denunciava lucidamente il progetto di sterminio previsto dal regime nazista e chiamava il mondo intero alla mobilitazione contro di esso.
Tutti gli interventi della manifestazione furono trasmessi in diverse lingue da Radio Mosca. Questa grande assemblea modificò, almeno per qualche anno, la linea sovietica nei confronti degli ebrei russi. A seguito di questa prima iniziativa e per suggerimento di Albert Einstein una delegazione yiddish sovietica, originariamente più numerosa poi ridotta all’attore del teatro yiddish Solomon Michoels e allo scrittore yiddish Itzik Feffer partì per un viaggio della durata di sette mesi facendo tappa negli Stati Uniti, in Gran Bretragna, in Canada e in Messico, per raccogliere fondi e organizzare la solidarietà internazionale. Michoels e Feffer tornarono a Mosca alla fine di un viaggio trionfale, accolti ovunque da migliaia di persone pronte ad aiutare la lotta contro il nazismo con ogni mezzo possibile. Profondamente impressionati dalla grande solidarietà occidentale, i due rappresentanti dell’ebraismo sovietico cominciarono a intravedere nuove prospettive per il lavoro del comitato antifascista. La propaganda sovietica di quegli anni aveva ripescato la vecchia definizione dell’antisemitismo come “un resto di cannibalismo” coniata anni prima da Stalin, per riutilizzarla nei confronti della Germania nazista alla quale, nella propaganda sovietica, si opponeva la convivenza pacifica di ogni minoranza in Unione Sovietica.
Il quadro, ovviamente, non corrispondeva esattamente alla realtà. Gli anni trenta erano stati gli anni del silenzio, scrittori e intellettuali imbavagliati dall’ortodossia di partito avevano smesso di produrre,
i processi ideologici che si erano susseguiti nell’arco di pochi anni, tra gli altri a Dovid Bergelson, Der Nister, e Leib Kvitko, avevano ammutolito critica e creatività. Il secondo conflitto mondiale aveva cambiato le carte in tavola e improvvisamente reso la minoranza ebraica interessante per quello stesso motivo - l’internazionalismo - per cui era già stata condannata negli anni Trenta e che verrà riesumato di nuovo alla fine degli anni Quaranta, quando la polizia di Stalin, dopo processi sommari, liquidò l’intellighenzia ebraica. Internazionalismo significava ora solidarietà internazionale, finanziamenti, e immagine, elementi, questi, che non potevano lasciare indifferente il Cremlino.
Nel 1942, partita da una idea di Albert Einstein, la raccolta di materiali sui crimini nazisti contro la popolazione ebraica divenne un progetto internazionale. L’intenzione di creare una cooperazione di diversi paesi, - Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Italia, Messico, Austria, Polonia, Romania, Cecoslovacchia, Ungheria e Palestina - alla stesura del cosiddetto Libro Nero, sotto l’egida dell’Unione Sovietica, si concretizzò rapidamente dopo il viaggio di Michoels e Feffer negli Stati Uniti e la ratifica del progetto da parte del comitato centrale sovietico nel 1943. Nel 1944 Iljia Ehrenburg fu nominato editore in capo del progetto al quale egli stesso aveva contribuito con una serie di materiali raccolti nella sua funzione di corrispondente del giornale russo Krasnaja swesda (Stella rossa).
Il modificarsi della posizione sovietica nei confronti degli ebrei russi alla fine della seconda guerra mondiale prese la forma di un riottoso procrastinare la pubblicazione del Libro Nero. Negli stessi anni il comitato ebraico antifascista aveva fornito materiali ad organizzazioni americane che avevano provveduto nel 1946 alla pubblicazione di una parte del materiale in un volume dal titolo The Black Book. The Nazi Crime against the Jewish People. In Unione Sovietica la pubblicazione del Libro Nero venne fermata definitivamente nel giugno del 1947, quando tre quarti dell’edizione erano già in stampa.
I manoscritti dell’edizione russa scomparvero. Solo nel 1992 la figlia di Ilja Ehrenburg venne in possesso di una copia di essi. La traduzione tedesca del Libro Nero, apparsa nel 1994, si basa su quel manoscritto. Negli archivi del KGB fu trovata, negli anni seguenti una copia del libro nella versione precedente alla censura. Questa versione fu pubblicata a Vilna nel 1993. La versione tedesca comprende anche le parti censurate.
L’esistenza del comitato antifascista ebraico negli anni del dopoguerra fu segnata da crescenti difficoltà. La politica sovietica, inizialmente interessata all’appoggio della minoranza ebraica in vista dell’allontanamento del potere inglese in Palestina - ricordiamo che l’Unione Sovietica è stato il primo Stato a riconoscere Israele - aveva cambiato direttiva nel senso di una crescente intolleranza verso le minoranze e in particolare verso la minoranza ebraica.
Il 15 maggio 1948 fu proclamato il nuovo stato di Israele; sommerso da lettere e telegrammi di giubilanti cittadini ebrei, il comitato antifascista ebraico entrò allora nell’occhio del ciclone. Nel gennaio 1948 il corpo esanime di Solomon Michoels venne rinvenuto in una strada di Minsk. L’eliminazione del noto attore yiddish, apparentemente un incidente stradale, era stata ideata ed ordinata da Stalin che intendeva dare con essa un segnale preciso: la minoranza ebraica non aveva più diritti. In un documento del 20 novembre 1948 il comitato centrale del Partito Comunista Sovietico notificò l’ordine di scioglimento del comitato antifascista ebraico. Il definitivo massacro dell’intellighenzia ebraica aveva preso il via.


Daniela M. Kromer
 
 

 

 
 
 
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