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06 maggio 2022

out of control
di zbyněk baladrán

descrizione della serie esposta a trieste
testo dell'artista

Veduta di insieme della mostra allo Studio Tommaseo (fotografia di Francesco Chiot)

Un viadotto alla periferia della città in cui vivo è una specie di porta di passaggio dalla metropoli, lungo l’autostrada in direzione est della repubblica. Fino a poco tempo fa, un lato era ornato con un cartello blu che dichiarava PER L’EUROPA SENZA GUERRE (ZA EVROPU BEZ VÁLEK), visibile a tutti. Era uno degli ultimi segnali rimasti dopo le campagne di attivismo di stato del regime socialista durante la Guerra Fredda. Era stato messo lì una cinquantina d’anni fa per affermare chiaramente la convinzione antimilitarista della comunità locale. L’insegna era molto probabilmente collegata alla Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE) tenutasi a Helsinki negli anni Settanta. Trent’anni fa, qualche burlone ha barrato due lettere, cambiando il significato in PER IL PETROLIO GREZZO SENZA GUERRE (ZA ROPU BEZ VÁLEK) ed esprimendo ironicamente e simbolicamente la dipendenza degli stati nazionali europei dall’uso non regolamentato dei combustibili fossili e la fragilità delle loro costituzioni quando si trovino a fronteggiare la lotta egemonica per le risorse. Niente accade proprio così: le lettere barrate erano, fino a poco tempo fa, un memento della Guerra del Golfo e un ricordo dei pozzi di petrolio in fiamme (per non parlare della disintegrazione dell’Iraq conseguente). Quest’anno, durante il secondo stato di emergenza determinato dalla pandemia di SARS-CoV-2, la società di gestione ferroviaria ceca, Správa železnic, ha ridipinto il cartello con una tonalità di grigio che possiamo produrre ripetutamente grazie all’uso dei derivati del petrolio.

Il rettangolo stradale di pantone grigio chiaro, denominato RAL 7035 nella terminologia imperiale, di uso comune nella Repubblica Ceca, dimostra la dipendenza dell’industria locale dall’economia tedesca e l’adozione della nomenclatura tedesca non fa che confermare tale fedeltà. Sembra che grazie alle attività di un’organizzazione statale ancora non privatizzata, sia avvenuta la transizione della comunità locale in una nuova era: dai timori di una guerra nucleare, attraverso l’impatto di una lotta per le risorse naturali, per arrivare ad una conferma minimalista del fatto che le minacce restano invisibili e possono anche essere espresse tramite un solo colore. Chi arriva in città viene così accolto da un rettangolo grigio come espressione di impotenza: anche qui il contagio è presente. È il tempismo perfetto: più dei conflitti militari e del loro impatto, siamo terrorizzati dall’attività di modernizzazione industriale che consuma tutto. La Terra è scossa, in una foresta pluviale devastata da qualche parte in Cina vola, disturbato, un pipistrello (anche se forse sarebbe più corretto dire che un pangolino salta fuori da un mucchio di spazzatura) e così il pianeta è scosso da una prima onda sismica in forma di virus a propagazione esponenziale. Benvenuti nel XXI secolo. Il viadotto rimane un avvertimento dei pericoli e delle paure attuali. Si limita a segnalare in modo più sottile, quasi impercettibile. È un barometro della minaccia, e nel fare questo è relativamente preciso.