Trieste Contemporanea settembre n.5 1998
 
Giuliana Carbi
Budapest, cultura giovane ed elettrica

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Hosök tere, lo sterminato Piazzale degli eroi. Dall'albergo, foresteria convenzionata con la facoltà di medicina, puoi vedere il bronzo verde-azzurro dei padri della patria, Arpad avanzato rispetto agli altri capi delle tribù magiare sul gigantesco monumento del millennio dello Stato ungherese. Budapest ha sulle sue spalle il peso demografico e produttivo del paese: è una metropoli di 2 milioni e mezzo di abitanti, un quarto del totale della popolazione ungherese. Conserva in sé tutte le responsabilità e le contraddizioni del nuovo confronto con l'esterno. Queste ultime si vedono anche nell'atteggiamento degli intellettuali che, mi dicono, si potrebbero dividere in due classi: per una necessaria rinuncia alla tradizione a favore dell'integrazione internazionale o, al contrario, per la trasformazione della tradizione nazionale in peculiarità imprescindibile e propositiva. La velocità dell'integrazione, vistosa nelle cose deteriori, per fortuna potenzia anche il campo dell'organizzazione della vita culturale. Crescono i nuovi modi di ritrovarsi "ungheresi" contemporanei... La consapevolezza del ruolo dell'arte contemporanea è cresciuta da poco ma con picchi vertiginosi: ne è testimonianza la nascita, datata 1996, del primo Museo d'arte contemporanea autonomo del paese. L'attività e gli spazi del Ludwig Museum (vedi il contributo del suo direttore, Katalin Néray) sono assolutamente competitivi e, dato da non sottovalutare, l'età media dei suoi curatori è di trent'anni. Al Palazzo delle Esposizioni, l'edificio sul Piazzale degli eroi gemello al tardo neoclassico Museo delle Belle Arti (dove primeggiano nella strepitosa collezione della Pinacoteca antica le opere degli italiani), l'attività ormai prevalente è l'arte contemporanea, curata dal Mucsarnok, la Kunsthalle ungherese. Le nuove, aggiornate riviste d'arte e di cultura sono internazionali e hanno totalmente sostituito i grigi bollettini blindati a qualunque confronto delle Unioni degli artisti cui eravamo abituati (vedi il contributo di Krisztina Szipocs). L'attenzione alla musica contemporanea, all'apprendimento di questa, con classi sperimentali al conservatorio, e al riconoscimento dei massimi autori cui sono dedicate vie e monumenti - Béla Bartòk in testa -, è di gran lunga superiore alla nostra. La pratica della lettura è molto diffusa; Péter Esterházy (vedi la sua conversazione con Péter Zihaly) è molto amato; nella "settimana del libro" ogni libreria diventa un luogo di lettura collettiva e di dibattito sui testi, con the e bibite offerte. Nell'ultima edizione, la novità editoriale più apprezzata è stata la traduzione di "Canone inverso" di Paolo Maurensig. Credo anche che il legame culturale con l'Italia sia realmente sentito. Ho avuto occasione di discorrere in italiano sulla nostra storia dell'arte e mi è stato detto che in moltissime scuole superiori l'italiano è lingua straniera primaria, alla stregua dell'inglese e del tedesco, e che esistono nel paese, da alcuni anni, licei dove tutti gli insegnamenti sono bilingui. Frequentare poi l'Accademia di Ungheria a Roma è mitico (lo racconta qui Zsuzsa Ordasi). Soprattutto gli spazi di incontro e di ricerca stanno crescendo. Ho avuto modo di visitare nella Buda alta il Center for Culture & Communication diretto da Miklòs Peternák che, coadiuvato da Zsuzsa Megyesi, ha appena curato l'importante panoramica sull'arte che in Ungheria si avvale delle tecnologie avanzate "Inter/Media/Art " promossa dal Mucsarnok e dall'Accademia di Belle Arti di Budapest all'Ernst Museum. Si tratta di un'intera palazzina adibita, grazie al Soros ungherese, a laboratorio multimediale, con sale di prova, laboratori e una quantità di terminali collegati ad una centrale di elaborazione elettronica da Cape Canaveral...nonché l'utilizzo gratuito di almeno una decina di postazioni Internet, sempre affollatissime. Katalin Molnár, giovanissima PR del futuro Trafó (House of contemporary Art), mostrandomi il cantiere di questo centro che sta sorgendo sulla via di accesso Sud a Pest, in Liliom Utca, da un vecchio edificio utilitario che accoglieva i trasformatori della vecchia centrale elettrica, mi ha parlato a lungo: "L'integrazione europea non è solo economica o politica, ma anche culturale e dunque necessita nella sfera della cultura di organizzazioni capaci di produrre questa integrazione. In Europa ci sono molti centri culturali che mostrano spettacoli di danza, concerti, mostre d'arte, film ma che anche facilitano il lavoro creativo mettendo a disposizione dei giovani artisti sale e laboratori. Alla base di questi centri c'è la consapevolezza che una istituzione culturale non può limitare la sua attività al "mostrare" l'opera d'arte, deve provvedere quanto è necessario perché essa possa essere concepita ed elaborata. In Ungheria ancora non abbiamo un centro che abbia queste finalità. Colmare questo vuoto è importante perché la maggior parte degli artisti sperimentali, quelli che garantiscono lo sviluppo dell'arte, non ha possibilità economiche proprie né tanto meno spazi propri dove lavorare. Ecco perché il 16 ottobre prossimo apre Trafó. Il centro ospiterà gli uffici dell'Associazione dei Giovani Artisti, un auditorium polifunzionale di 300 posti con un palcoscenico attrezzato, una galleria espositiva attrezzata con monitor, video-proiettori e computer nel piano sotterraneo e un club-restaurant che avrà un piccolo stage per conferenze, studio-performances, dibattiti, una serie di sale-biblioteche e laboratori. La possibilità di ricuperare l'edificio e di avviare l'attività è data da un'illuminata amministrazione comunale, che ha dovuto vendere l'edificio in centro città che aveva da sempre affidato all'Associazione dei Giovani Artisti ma che a questa ha voluto comunque offrire un'alternativa di vita praticabile e aggiornata. Non me ne vorrà Katalin Molnár se annoto sottolineato il termine Trafó (trasformatore elettrico), perché non c'è metafora migliore per raccogliere sotto un'unica immagine il fervore di tutta la giovane Budapest culturale e dell'Est in generale.
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Per noi, anziani e un po' terzomondisti in paragone, questa vitalità del trasformare, del produrre e distribuire elettricità, con l'entusiasmo dell'esordio, è il segnale forte e chiaro sul quale sintonizzarsi. link alla HomePage
 
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