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30 giugno 2021

marangoni 105 per giulia iacolutti

allestimento della mostra I don’t care (about football), 2021

Il processo di costruzione di I don’t care (about football)

I don’t care (about football) è un progetto di arte relazionale che vede coinvolta nella definizione dell’opera la squadra di calcio Marangoni 105, squadra nata nel 2011 all’interno di una residenza psichiatrica di Udine. Durante tre anni di conoscenza e lavoro, l’autrice ha attivato alcuni laboratori in cui, attraverso pratiche artistico-creative, si è riflettuto coralmente sulla salute mentale e sul percorso svolto in residenza, superando la volontà di catalogare, spettacolarizzare o denunciare uno stato, usando invece il calcio come metafora. L’oggetto d’arte diviene luogo di dialogo, in cui è la scoperta dell’altro e del sé ad assumere centralità. Il processo di analisi e autoanalisi si converte allora in un processo creativo che diviene parte dell’opera stessa.

Serie 1 _ poster
Leggendo il glossario calcistico, sono state individuate parole usufruibili in maniera ambivalente, anche nell’ambito della salute mentale. Partendo dalla parola, la squadra ha individuato un disegno grafico e/o un’illustrazione che rappresentasse il concetto espresso. Sono stati serigrafati 50 poster per tipo, la cui vendita finanzierà un viaggio a Milano, durante il quale la squadra visiterà lo stadio di San Siro e la mostra “Chi non salta. Calcio, cultura e identità” curata da Matteo Balduzzi, presso il Museo di Fotografia Contemporanea. Nella stessa occasione la Marangoni 105 sfiderà la squadra dell’Associazione Olinda sorta nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini.

Serie 2 _ silhouette
L’artista ha organizzato delle sessioni di stretching durante gli allenamenti della squadra: come nel calcio ci si scalda per entrare in campo, così in residenza si attiva un processo riabilitativo che agevola il reinserimento sociale. Durante le sessioni sono state scattate le fotografie delle pose, successivamente stampate su carta cotone 70×100 cm su cui i ragazzi sono intervenuti tagliando i profili dei propri corpi. Il corpo estratto lascia un vuoto; quell’immagine con un corpo mancante, sostituito da uno sfondo bidimensionale e bianco, diventa scomoda da vedere, così come è scomodo affrontare e accettare il proprio vuoto durante il percorso all’interno della residenza.

Serie 3 _ collage
Le foto scattate durante le sessioni di stretching sono state stampate in tre formati differenti ed è stato chiesto alle persone coinvolte nel laboratorio, operatori inclusi, di ritagliarle e costruire, questa volta con il positivo, dei manuali di stretching personali a cui dare un titolo che trasferisse l’esperienza esistenziale vissuta sul campo. L’atto di osservare e ritagliare è parte del processo di autodeterminazione e presa di coscienza del sé attivato dalla ricerca; il ritaglio mostra il vuoto e il pieno nel loro legame ed è attraverso quel vuoto e quella distanza che si passa per sviluppare la consapevolezza necessaria ad affrontare il disagio e tornare a mettersi in gioco.

Giulia Iacolutti

Il finissage: la conversazione I don’t care (about football)