di farla diventare l’elemento preponderante. Mi piace che il  gioco visivo persista dietro al lavoro finito ma non voglio che  sia un’illusione comandata, guidata all’eccesso. Quello che poi
 accade all’interno dei due spazi vuol essere una sorta di gioco
 tra una sensualità attesa e poi disattesa dalle espressioni dei
 volti, il più possibile distanti dalla comoda artificialità delle foto
 patinate di tipo pubblicitario. I miei soggetti invece riflettono
 l’effettivo disagio dell’essere confinati in due scatole piuttosto
 scomode, di dover sostenere una parte non consona o
 piacevole per loro. Un disagio percepibile solo quando,
 abbandonata l’impressione di trovarsi di fronte agli occhi
 ammiccanti di un personaggio dei fumetti, l’osservatore riesce
 a instaurare un rapporto diretto con le due figure e coglierne
 la silenziosa richiesta d’attenzione.

 Non sono poche le limitazioni che ti sei imposto nella
 realizzazione dei quadri per questa mostra. Mi riferisco in
 particolare al trait d’union tra la maggior parte di essi: un
 operazione artistica giocata sull’uso di un unico tipo
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